Uzak 45 | inverno/primavera 2024

Rapsodie

Dell'Acquila, Cappabianca, Sansone
30-06-2018

Il giuramento tra i fiori di crisantemo

Valentina Dell'Aquila

Ci ricorda una piattaforma videoludica L’immortale, con più livelli di scontro, più simulazioni che si vanno ad addensare in sfide di velocità e difficoltà con avversarsi del clan rivale (e non solo) sempre più acute e spadaccine, zombieficazioni sempre più striscianti; si vanno ad arricchire difese e armi e se ne perdono altre (le qualità fisiche ad esempio, la prestanza nella lotta, la percentuale di salute, etc).  L’abitante dell’infinito (è così che nel manga del 1993 di Hiroaki Samura viene definito Manji, nell’adattamento filmico interpretato da Takuya Kimura idolo degli SMAP), ex samurai nonché ronin dell’epoca feudale Tenmei dello shogunato Tokugawa 1783, dopo l’assassinio dei cento samurai, è infestato dal parassita kessenchu, sanguisuga che rigenera e riprogramma dopo ogni sfida il suo corpo eterno rendendo le sue ferite vulnerabili al dolore più estremo ma non alla morte.

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Vanna Carlucci
21-06-2018

Observando el cielo è una ricerca ma anche un viaggio durato sette anni in cui Jeanne Liotta frantuma il tempo per captare campi celesti e registrare il movimento degli astri e della luce e del buio incisi su pellicole da 16mm.
Osservare il cielo è contemplarlo che è privilegio dell’uomo la cui stessa denominazione greca (ἂνθρωπος) mi rimanda ad una definizione di Platone in Cratilo 399c: «questo nome ἂνθρωπος, uomo, significa che mentre gli altri animali non considerano né ripensano né riesaminano (ἂνθρωποὖσιν) mai nulla di ciò che vedono, l’uomo non appena ha visto, ἀνἀθρἐι e cioè riflette ciò che ha visto, donde a ragione soltanto l’uomo tra gli animali fu denominato ἂνθρωπος, cioè colui che riesamina ciò che ha visto. Ma ἀνἀθρἐωè composto di ἀνω + ἀθρἐω= guardare verso l’alto: «degli altri animali infatti solo l’uomo guarda in alto”» (Rocca S.); solo l’uomo, una volta acquisito il suo status erectus (quella verticalità che lo contraddistingue, tra le altre cose dall’animale) ha potuto levare gli occhi al cielo e ricevere tutto l’inaudito spazio del cosmo.

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Abiusi, Carlucci, Sansone
21-06-2018

La pronuncia delle cose
Luigi Abiusi

La dimensione in cui si muove Chiamami col tuo nome e sembra gocciolare sulla pietra della pila, sgranare gli occhi verso un orizzonte di attese (immagini), di questo qui e ora che è già ricordo, fantasticherie debussiane che si rincorrono per tutto il tempo, è quella intima, adolescente, fatta della sostanza dei dubitativi pomeriggi passati nella penombra delle soffitte, tra un libro, una canzone a impregnare i muri, un corpo di pesca da riempire, mentre da fuori arrivano i gridi delle rondini che si arrossano nei cortili e tra i vecchi palazzi.

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Giulio Vicinelli
18-01-2018


«This movie should be played loud».

L’esergo che apre The Driller Killer di Abel Ferrara potrebbe tranquillamente stare in apertura di questo Damned Summer senza disattendere le aspettative implicite nel motto. Se però il film di Ferrara si presentava da subito in tutta la sua forza importante, quello di Pedro Cabereira si innesca con lentezza, secondo una studiata progressione.

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Luca Romano
11-12-2017


«Avendo dimostrato che tutti sono filosofi, sia pure a modo loro, inconsapevolmente, perché anche solo nella minima manifestazione di una qualsiasi attività intellettuale, il “linguaggio”, è contenuta una determinata concezione del mondo, si passa al secondo momento, al momento della critica e della consapevolezza, cioè della quistione: è preferibile “pensare” senza averne consapevolezza critica, in modo disgregato e occasionale, cioè “partecipare” a una concezione del mondo “imposta” meccanicamente dall’ambiente esterno, e cioè da uno dei tanti gruppi sociali nei quali ognuno è automaticamente coinvolto fin dalla sua entrata nel mondo cosciente [...] o è preferibile elaborare la propria concezione del mondo consapevolmente e criticamente e quindi, in connessione con tale lavorio del proprio cervello, scegliere la propria sfera di attività, partecipare attivamente alla produzione della storia del mondo, essere guida di se stessi e non già accettare passivamente e supinamente dall’esterno l’impronta alla propria personalità?» (A. Gramsci 1975, pp. 1375-1376).

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Mariangela Sansone
04-12-2017

«À quoi bon un cinéaste en temps de manque? À faire parler la Terre! Entrer dans le secret d'un Soleil, d'une brume et du magnétisme tellurique - via les indigènes du secteur...»
(F. J. Ossang, Mercure insolent)



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Mariangela Sansone
27-11-2017

«A occhi chiusi e nello sforzo di prendere sonno,
vedo brillare, sul fondo delle mie palpebre,
una brace: è l’anima ostinata,
il relitto lampeggiante
del naufragio glorioso del mio giorno.»
(René Char, da A una serenità contratta)

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Michele Sardone
20-11-2017


È ammirevole come un autore riesca ad essere coerente con se stesso nonostante il passare del tempo e delle mode. Si ha l’impressione che Terence Davies abbia girato A quiet passion esattamente come avrebbe fatto trent’anni fa: sceneggiatura accuratamente letteraria, ambientazione invariabilmente nel passato (che nei suoi film va dall’oleografico Ottocento fino ai non meno crepuscolari anni Cinquanta), piani sequenza con predilezione per i movimenti laterali o circolari, e in sottofondo la voce fuoricampo, che narra senza spiegare nulla, che preferisce aggiungere una sensazione piuttosto che una spiegazione, che viene anche lei dal passato, come voce lontana sempre presente.

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Valentina Dell'Aquila
13-11-2017


«… Allora, dopo essere stata nell’ala morta, mia sorella scrisse un testo per descrivere quello che succedeva là dentro:

La sensazione che ti esploda la testa (la sensazione che la scatola cranica debba spezzarsi, sollevarsi)… La sensazione che la cella sia “in viaggio”. Ti svegli, apri gli occhi: la cella sta viaggiando; di pomeriggio, quando entra la luce del sole – di colpo si ferma. La sensazione del viaggiare però non riesci a togliertela. Non puoi dire con certezza se tremi di febbre o di freddo – in ogni caso hai freddo. Per potere parlare in tono normale devi fare lo stesso sforzo che faresti per parlare a voce alta, quasi come urlassi. La sensazione di ammutolire – non riesci più a identificare la semantica delle singole parole, la puoi solo indovinare – … La sensazione di bruciare interiormente… Agenti, visita, cortile ti sembrano essere fatti di celluloide – i visitatori non ti lasciano niente. Mezzora dopo riesci a malapena a ricostruire se la visita è avvenuta oggi o la settimana scorsa… La sensazione che il tempo e lo spazio siano incastrati uno nell’altro – la sensazione di trovarsi in una stanza di specchi deformanti – di sbandare. La sensazione di essere spellata…».

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Leonardo Gregorio
06-11-2017


Chi ha paura di Krisha? Il suo primissimo piano in incipit è promessa di spavento, stato di attesa e rivelazione moltiplicato dalla musica gravida di pathos, graffiante. Allora Krisha la si scruta con sospensione, si cerca un indizio su quel viso che è cartografia del tempo, residuo di bellezza, occhi consumati ma aguzzi. Poi tutto cambia, o quasi.

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