Il titolo didascalico (Film Socialisme) funge già da sinossi, come il prenome del suo regista è meglio reso nella contrazione (JLG) di un impronunciabile esistenza. La costruzione di una sinfonia in tre momenti riporta rispettivamente tre diversi punti di vista, magnificando la funzione straniante e straordinaria del cinema che consente di vedere con i propri occhi la visione di un altro, negando la visione: il mondo visto dal ponte luccicante da una nave da crociera, un’arca fantasma che conserva un campione di varia umanità; lo sguardo dei figli proiettati nel fuori campo di un futuro che non si dà; la tragedia greca che si ripete e si intreccia alle leggende rivoluzionarie della modernità. Il trailer riassume in 4m e 29s la sintesi di 1h e 45m di Storia della specie. Svanita l’immagine nel buco nero dello schermo, comincia l’azione (come da Principio).
In campo lungo, sotto una densa e plumbea coltre di nuvole foriere di pioggia, una donna sola, crine scarlatta, cammina su terre battute dai venti. L’aria è fredda, la luce bluastra. Sta fuggendo da qualcosa o qualcuno. Non è permesso saperlo, a noi, così come all’uomo che decide di darle ospitalità. Tra loro non deve esserci nulla di personale. Lei stabilisce che anche il conoscere i rispettivi nomi sarebbe un’infrazione del contratto stipulato: solo lavoro in cambio di cibo. Una severità che verrà però mitigata da piccoli gesti infinitesimali, reciproca dimostrazione di mutuo soccorso.
Cina, primi anni Novanta. Una ragazza appena laureata viene condotta con l'inganno in uno sperduto villaggio di pastori e venduta come moglie a uno di essi. Violentata, incatenata e controllata di continuo dai componenti della sua nuova famiglia, tenta ripetutamente di fuggire, ma ogni volta, proprio quando pare essere a un passo dalla salvezza, viene catturata dai suoi aguzzini e riportata al villaggio.
Parigi. Yann è un cuoco ambizioso a cui sta stretto il lavoro alla mensa. Nadia è una cameriera di origine libanese con un figlio di 9 anni, Slimane. Quando i due si incontrano decidono di mettere su un’attività in proprio: un ristorante. Grazie ad un prestito, credono di aver coronato il loro sogno. Ma il locale non è a norma e, per aprirlo al pubblico, hanno bisogno di ulteriore denaro che non posseggono. Nadia parte per il Canada, dove le hanno promesso un altro lavoro. Mentre Yann rimane a Parigi a prendersi cura del bambino, arrangiandosi come può.
Yusuf dopo dieci anni di prigionia torna a casa. Ad attenderlo l’anziana madre, il vecchio amico Mikail e una donna.
Hideo vive con una bambola gonfiabile, Nozomi, che vive durante l’assenza di lui. Attraverso il cinema, Nozomi scopre il respiro di tutte le cose, impara a guardare e a parlare e, nella durata di una storia d’amore, fa esperienza del mondo.
Alla fine del film, la bambola saprà che il soffio è il nulla assoluto che anima la creazione.
Min è affetto da una malattia della pelle. Orn prepara rimedi naturali. Roong è la sua fidanzata. Tutti e tre si lasciano dietro la città per addentrarsi e perdersi, tra silenzi e atti d’amore, nella vasta foresta tailandese.
Tre racconti esemplari, tra loro legati da una contiguità generazionale. Nonno, figlio e nipote. Rispettivamente: un erotomane soldato magiaro; un campione nazionale d’abbuffata durante gli anni della dominazione sovietica; ed un rachitico imbalsamatore. Tre corpi accomunati dalla tara genetica della devianza. Tre vicende tra loro concatenate attraverso le quali tracciare la Storia recente d’Ungheria.
Il professore haitiano Jean Remy Genty cerca un lavoro da contabile a Santo Domingo. Passa da un ufficio all’altro lasciando curricula, ma nessuno è disposto ad assumerlo. In città non c’è lavoro e viene oltretutto sfrattato dalla sua misera abitazione. Con una borsa di plastica in mano, decide di affrontare un lungo, solitario e disperato viaggio all’interno della foresta tropicale. Fino a perdersi in mezzo alla natura incontaminata, isolato da tutto il mondo e solo in comunione con Dio e con la spiritualità dell’isola.
Un uomo registra degli ordini su un mangianastri; una ragazza, sola in una stanza, li esegue per esercitarsi; i due poi mimano la scena dell'omicidio descritta sul nastro dinanzi a un cineoperatore, che li riprende con la sua "kinetta".