Terre meravigliose venute fuori dal movimento millenario della Terra, raccoltesi in guglie e torri di roccia, tengono in seno un piccolo villaggio dai sentieri pietrosi, palpitanti, custodi di storie, speranze, amori e rancori di tre piccoli ragazzi e delle loro famiglie.
Dei bambini partono alla ricerca del punto più alto da cui guardare l’incrocio dei treni a una velocità che realizza miracoli.
In un bosco, Circe dialoga con Leucò intorno alla sua relazione con Odisseo, uomo che non comprendeva il sorriso e che non voleva farsi né maiale né dio.
Natan è il figlio di due genitori separati che vivono in due realtà separate, l’Italia e il Messico. Alamar è il viaggio di un bambino alla scoperta e ricerca della propria casa. È lo splendido racconto della vicinanza tra padre e figlio prima di tornare ancora una volta a una separazione, all’assenza.
Sarah Polley indaga tra i segreti di una famiglia di cantastorie: scherzosamente interroga un cast di personaggi più o meno affidabili, provocando risposte piacevolmente schiette, ma perlopiù contraddittorie, alle medesime domande. Mentre ognuno riferisce la propria versione della mitologia familiare, i ricordi attuali si trasformano in fugaci apparizioni nostalgiche di un passato movimentato e divertente e delle ombre che si celano sotto la superficie.
Un uomo torna a Strasburgo per ritrovare una donna conosciuta sei anni prima in un bar della città.
In un villaggio di montagna dello Yunnan, provincia cinese sudoccidentale, vivono insieme al nonno tre sorelle. Le bambine raccolgono tuberi, preparano il pastone per i maiali, mangiano riso e verdura, sfangano gli stivali, accompagnano le pecore al pascolo, riempiono le gerle di sterco e lo ammonticchiano in una casupola. Dopo tanto tempo ritorna il padre per portare via con sé le due figlie più piccole in città, dove ha trovato un'altra donna e un altro lavoro. La maggiore resta al villaggio per badare al nonno e continuare a studiare in una scuola lercia quanto la baracca in cui viene raccolto lo sterco.
Un uomo politico cileno in esilio ritorna in patria per riportare un frammento di verità riguardo la storia del suo paese. Una volta arrivato innesca un gioco di rivelazioni a catena, una sorta di telefono senza fili attraverso il quale si perdono e si confondono verità e menzogna.
Jin sogna avvenimenti che poi scopre essere divenuti reali, verificatisi nella maniera e nei luoghi prefigurati nel sonno. Solo che, nella realtà, protagonista di questi accadimenti (angosciosi, dolorosi, delittuosi) non è lui bensì una ragazza, Ran, sonnanbula, che compie le azioni al posto suo, mentre lui le evoca in sogno. I due, sconosciuti l'uno all'altra, sono accomunati dall'essere entrambi reduci da relazioni sentimentali finite poco tempo prima.
Sergio è vittima di un desiderio sempre più indefinibile. Cerca di soddisfarlo in un interminabile girotondo di anonimi incontri sessuali. Una notte incontra il ragazzo dei suoi sogni e la sua vita ne è sconvolta. Lo spia, penetra nella sua casa, rovista nella sua immondizia. Rifiutato, cerca rifugio nei rifiuti. È solo. Non appartiene più a questo mondo.